Monastero di San Nicola & Capo Lefkada
Il Monastero di San Nicola sorge in un luogo dove la vegetazione è diversa da tutto il resto dell’isola.
Un mix tra alta montagna e colline spazzate dal vento. Per arrivarci la strada più bella è quella nuova che da Vassiliki si arrampica in direzione Sud.
Superato lo svincolo di Porto Katsiki il paesaggio diventa bucolico, splendido e selvaggio. Allevamenti di capre si alternano ad arbusti ed uliveti.
La strada diventa stretta al punto che due macchine ci passerebbero a fatica.
Un nastro di asfalto nero che si snoda fra la macchia.
Il paesaggio cambia tantissimo a seconda della stagione, noi l’abbiamo visitato in ogni condizione, non dimenticherò mai una delle prime volte, era pieno Inverno.
Giunti al monastero trovammo il cancello chiuso con appeso un cartello.
“che c’è scritto?” chiesi ad Alina che scese da Gypsy per leggere meglio, o per cercare di capire cosa ci fosse scritto dato che il greco per noi è ancora… greco.
“credo che dovremo aspettare una mezz’oretta. C’è la messa a quest’ora.” disse Ali
“a ok.. torniamo indietro fino a quella radura che abbiamo superato, ai cani piacerà”
Prima del Monastero c’è un pezzo di terra con un solo albero al centro e tanto prato tutt’intorno.
C’era solo un abbeveratoio per le capre poi il nulla a parte erba rasata.
Ai cani come previsto piacque molto e si lanciarono in corse sfrenate ed inseguimenti fingendo di azzuffarsi per poi rotolarsi sull’erba.
Dopo mezz’ora di giochi erano sfiniti.
“certo se lo sono scelte bene le suore il posto per farci un Monastero” disse Alina.
Difatti c’è una gran pace lassù, oltre alla vista che è un qualcosa di incredibile..”
Si narra che sia dedicato a San Nicola perché gli 80 intrepidi marinai baresi che ne traslarono le ossa sottraendole agli invasori Ottomani fecero scalo a Lefkada.
A prova inconfutabile di ciò nella chiesetta antica è presente una reliquia con un frammento d’osso.
Quel giorno era freddo. Il vento aumentò d’intensità muovendo i rami e facendo cadere le ultime foglie che in un temerario abbraccio alla vita avevano stretto la loro presa morendo così, appese li dove erano nate.
I cani si fermarono e guardarono tutti e due verso un punto fisso tra la macchia.
Il vento fra gli arbusti cantava, una voce giovane come di una fanciulla.
Bibi iniziò ad abbaiare e lo richiamai.
Poi in lontananza una forma si librò in aria.
Come un mantello, si alzò nel cielo per ricadere poco più in la, nascosta alla vista.
Prima di capire che si trattava dei resti di una tosatura rimanemmo un po’ sorpresi.
“a volte è strana quest’isola” dissi.
“si.. non so se strana è la parola.. ma cmq si.. qualcosa è” rispose Alina.
Lasciammo la radura e tornammo verso il monastero.
Questa volta il cancello era aperto.
Il posto è splendido: c’è una chiesetta minuscola, un piccolo corridoio di accesso con a destra un negozietto ed a sinistra una panca in legno. La vista mozzafiato.
Più avanti la struttura nuova con le celle delle suore.
Entrammo nel negozio ed una suora abbastanza in carne ci accolse con un sorriso smagliante.
Il negozio all’interno assomiglia ad una bottega di altri tempi.
C’è miele, erbe officinali, creme e candele fatte a mano, tantissime icone e diversi crocifissi.
Ci si può comprare formaggio, uova fresche, olio, vino e liquori fatti da loro.
Alina scelse diversi prodotti che si rivelarono utilissimi e mi regalò un crocifisso che la suora mi mise al collo benedicendolo e dicendomi “devi diventare ortodosso!”
Poi ci regalò una boccetta di amaro da diluire in acqua poche gocce per volta.
Uscimmo dal monastero con quella solita sensazione di beatitudine che ci pervade ogniqualvolta ci veniamo.
“che bello qua..”dissi
“si.. che dici se ci restiamo a dormire?”
Ci restammo.
Ali preparò una cenetta deliziosa usando la stufetta ad alcool di Gypsy che era sempre pronto per l’occasione, bevemmo un po’ di quell’amaro mischiato con l’acqua ed il manto stellato si aprì davanti ai nostri occhi.
La pace che regna in quel luogo è surreale.
Restammo a guardare le stelle bevendo quell’amaro a piccoli sorsi ed ascoltando solo il suono della natura, le onde in lontananza che frangevano sulla scogliera, il vento fra i rami degli alberi ed i profumi invernali che permeavano l’aria.
La notte andò via tranquilla e silenziosa.
Gypsy era un puntino bianco sulla costa frastagliata di Capo Lefkada.
Il Monastero di notte spegneva ogni luce esterna ed il solo il faro con la su monotona intermittenza segnalava la punta dell’isola, segnata in ogni carta nautica e famosa sin dai tempi antichi.
La mattina fui svegliato da dei passi leggeri.
Una figura nera ed incappucciata stava percorrendo il vialetto ed era arrivata all’altezza di Gypsy.
La visuale non era ottimale dato che i vetri erano appannati, la stufa aveva lavorato bene durante la notte e non avevamo sentito freddo.
La figura si faceva sempre più vicina, massiccia e decisa.
Fin quando la vidi legare una busta ad uno specchietto retrovisore.
Bibi dormiva sul sedile più vicino allo specchietto ma non diede segni di vita.
Poi la figura così come era venuta se ne andò.
“complimenti Bibi” dissi fra me e me.
“se ci fosse ancora Tarallo a quest’ora avrebbe svegliato pure la suora sorda che dorme con i tappi alle orecchie due piani sottoterra.”
Poi spinto dalla curiosità aprii il finestrino scorrevole ed infilai la testa fuori per guardare meglio la busta.
Niente di che, un’anonima busta bianca appesa allo specchietto. Solo che aveva una particolarità.. fumava..
Uscii contro voglia dal tepore del sacco a pelo. Aprii il portellone e nessuno, né Alina né tanto meno i cani si mossero. Bibi addirittura russava.
“che cani da guardia oh.. fantastici..”
Mi infilai le scarpe senza allacciarle e scesi nel freddo della notte.
Calpestai una pozzanghera e sentii il suono secco del ghiaccio che si spezzava.
Eravamo andati sottozero.
Feci il giro della macchina e mi avvicinai alla busta fumante.
All’interno v’era un involucro di carta con dentro delle uova ed un pezzo di formaggio.
Rientrai in macchina ed il rumore del portellone che si richiudeva svegliò finalmente l’allegra compagnia.
“cii che fai… è ancora buio” protestò Alina.
“tecnicamente sta albeggiando, e dato che siamo in pieno inverno alba vuole dire 8:30 di mattina..”
“emmè?” disse Alina utilizzando un intercalare barese che significa E con questo?
“e quindi non so tu ma io ho fame.”
“hai sempre fame…. “
“eh.. cmq abbiamo avuto visite stanotte..”
“ah si? E chi?”
“non lo so era grande e grosso ed incappucciato di nero.”
“mmm l’hai visto o l’hai sognato?”
“visto visto, ci ha anche lasciato un souvenir..”
“ovvero?”
“uova sode e formaggio”
Alina a questo punto alzò la testa scarmigliata facendo quel suo tipico sguardo buffo che caratterizza ogni mattina in cui il suo cervello è al 3%… ovvero tutte le mattine nella fase pre caffè.
“davvero?” chiese.
Era bellissima.. i capelli biondo platino tutti scompigliati, gli occhi verde vivo e le guance con una spruzzatina di lentiggini.
“si a quanto pare c’è qualcuno che si preoccupa della nostra colazione.”
Ali si avvicinò alla busta, mosse i bordi con la mano e guardò dentro.
“mm devono essere state le suore”
“Tu dici?” la canzonai
“mmm ciiii fai tu il caffè?”
“oook”
Quella mattina facemmo colazione con uova sode, formaggio, pane secco e caffè. Una vera colazione greca.
La giornata si rivelò fredda e luminosa. Non v’era una nuvola in cielo, i cani si stavano sgranchendo le zampe nel parcheggio annusando chissà cosa fra i fili d’erba, i profumi di quella parte dell’isola sono unici, in Primavera raggiungono il culmine con la fioritura dell’Erica e del Timo bianco. D’Inverno prevaleva l’odore di terra bagnata, il perenne salmastro e l’immancabile odore delle stalle.
Questi aromi volteggiavano in aria trasportati dal vento ed investivano le narici risvegliando sentori sensoriali sopiti.
Spendemmo tutto il giorno passeggiando fra quei luoghi deserti.
Durante la stagione il Monastero è molto visitato soprattutto dai balcanici, fuori stagione invece sembra di essere su di un altro pianeta.
Faceva freddissimo.
“che vento è questo? Maestrale?”
“si, pieno pieno” risposi.
“Bhè almeno se c’è Maestrale vuol dire che non pioverà”
Che marinaia mi stava diventando…
Ce ne andammo al faro ad ammirare il tramonto che d’Inverno arriva molto presto.
Non c’era nessuno nemmeno lì, solo l’immensità del nulla dove giocano gli Dei.
Apollo correva veloce trainando il Sole nel suo carro. Una scia gialla ad Ovest che concludeva la sua corsa tuffandosi nel blu scuro di Nettuno.
Lo scontro tra Titani fu una silenziosa esplosione di colore che tinteggiò il cielo con sfumature rosa e pastello come se si fosse rovesciata la tavolozza di chi dipinse l’Eden.
Sempre coinvolgente, sempre bravo, complimenti
Questi luoghi conosciuti quando leggo le tue parole assumono sempre un ché di magico… grazie Fabio
Grazie a Te Katya